domenica 22 novembre 2009

Chi ci capisce è bravo


Lo scorso 9 novembre è stato commemorato l’evento storico della caduta del Muro di Berlino. Sono passati vent’anni da quando è stata abbattuta la sottile “cortina di ferro”. Tuttavia c’è da chiedersi: ma le vecchie ideologie sono realmente finite?
Non del tutto. Del passato sono rimaste le antiche icone che abilmente i nostri politici riescono a mantenerle in auge, sempre vive nella nostra memoria. Alcune parole, stornelli, immagini ronzano ormai nella nostro testa perché frequentemente “citate” dai leader politici. In quest'epoca senza partiti – ora diventate delle entità evanescenti che fagocitano le tendenze del momento – il modo di intendere la politica non viene più acquisito dalle classiche scuole di formazione politica bensì ognuno ci mette del suo, dà quel non so che di “personale”.

Benvenuti nell’epoca dell’anticomunismo ma senza comunismo. Un’ottima televendita per intrattenere e acquistare i potenziali elettori. La parola “comunismo” è il lied di sottofondo di tutti discorsi del premier, dei suoi ministri, dei funzionari e dei suoi lacchè di turno. Eppure non c’è più. Ma serve nella strategia di propaganda per identificare “l’Altro”. Quelli del centrosinistra e non solo. Uomini di centro e perfino di destra come l’attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che attualmente non gode il favore del suo stesso partito per aver dichiarato sottovoce di non condividere l’ultimo ddl accorcia-processi.
Insomma è comunista tutto ciò che sta a “est” di Arcore, il “nuovo muro” che in Italia ha preso il posto di quello che stava a Berlino.

Da 15 anni a questa parte è nata una nuova categoria intellettuale: gli ideologi neo-anticomunisti (senza il comunismo). Con un linguaggio popolare, sanno cogliere aspetti del passato rimasti irrisolti, latenti e riportarli nel presente. Parole urlate, sempre più forte, secondo le regole del “politically uncorrected”.
Tra queste file ci sono nomi eccellenti. Come il ministro Gelmini il cui motto è: “ridurre gli sprechi e aumentarne l’efficienza dell’università e della scuola”. Ma la ministra appare mossa anche da un’altra preoccupazione: destrutturare il sistema di potere fondato sul ruolo dei professori ordinari. Ovvero disarmare i famigerati “baroni”. Ma non chiarisce però come dovrà diventare questa università in perenne riforma da 10 anni. Di certo abbiamo una costante. La diminuzione continua di risorse destinate all’università e alla ricerca. Prevista, puntualmente, anche da questa finanziaria. Con il rischio che, insieme ai baroni, affondi come un Titanic anche la nostra università, la meno finanziata di tutti i paesi dell’Ocse.
Un’altra figura è il ministro Brunetta. Un drago della comunicazione. Per i suoi argomenti ispira grande consenso. La sua missione è abbattere i “fannulloni” che vi si annidano pubblica amministrazione. Con l’intento di premiare i meritevoli. Peccato che abbia coniato un'etichetta onnicomprensiva e indelebile per chiunque lavori negli uffici pubblici destinato a una carriera da “fannullone”. Invece, i neo-anticomunisti, quelli sì che “lavorano sul serio”. Tutto ciò che è scuola, università, burocrazia è il regno della sinistra dove, si racconta, attinge ancora oggi i suoi consensi maggiori.

È su questa linea di confine che è stato costruita la barriera del neo-anticomunismo senza il comunismo. Il nuovo muro. Da una parte, a ovest, il mondo degli imprenditori e degli artigiani che producono, faticano, fanno. Dall’altra parte, a est, quelli che parlano, dicono, predicano. A spese dello stato. Da un lato i “fannulloni” e dall’altro i “fantuttoni”. I lavoratori “veri” contro gli statali, i maestri, i professori, i baroni, i giornalisti.

Bisogna ammettere che la bravura di Berlusconi sta nell’aver creato un radicato e consolidato sistema ideologico e propagandistico. Una vera e propria sovrastruttura marxiana rappresentata dall’industria culturale-mediatica che gli ha consentito di raccontare a proprio vantaggio una realtà “costruita”, cancellando tutto ciò che potesse ledere o mettere in dubbio la sua immagine. “Meno male che Silvio c'è” intonano i devoti. Senza di lui, così dicono i nove decimi dei mass media, le sciagure si accumulerebbero. Ma nonostante gli intoppi, il governo lavora e sostiene una situazione che senza di loro diventerebbe disperata. E qui parte la lista degli esiti miracolosi già realizzati e quelli ancor più straordinari a venire. Berlusconi è l'uomo-che-fa e che-ha-fatto-di-più-negli-ultimi-150-anni alla faccia del grande Alcide Gasperi o del lungimirante Camillo Benso Conte di Cavour.

E l’opposizione? È sempre più chic, sempre più salottiera e lontana anni luce dal mondo del lavoro. Non propone alternative e si perde in sciocche elucubrazioni teoriche. Una sinistra arrendevole e incapace di rifiutarsi al nuovo trend che considera la cultura inutile. E l’intellettuale una figura improduttiva. Anzi un’ingiuria.

Fonte:«Diciamo» n°80 anno III del 21.11.2009

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